È vero che mangiamo microplastiche?

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Qualche tempo fa, nel 2019, c’è stato un certo allarme per quante microplastiche si stimava che ingerissimo nei nostri pasti, semplicemente per il fatto che ad essere contaminati erano già gli alimenti stessi. Forse ne avevi letto o ne hai sentito parlare: ma perché tutto questo allarme? E oggi è ancora così? Oltre all’aspetto più ovvio dell’inquinamento ambientale, la questione più importante di questa faccenda è certamente l’impatto sulla nostra salute: la contaminazione infatti sembra causare una serie di problemi a più apparati, anche se ancora gli effetti a lungo termine non sono certi.

Quanta microplastica ingeriamo?

Il primo allarme sull’ingestione delle microplastiche è del 2019, come dicevamo, sollevato dallo studio No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion from Nature to People, studio commissionato dal WWF all'Università di Newcastle in Australia. Da quando questa analisi è stata pubblicata, i titoli sui giornali si sono rincorsi: a prima vista sembrava che una persona potesse ingerire circa 5 grammi di plastica alla settimana, cosa che veniva tradotta in un’immagine molto forte, «l'equivalente in peso di una carta di credito».

Si tratta di una quantità oggettivamente altissima, che ha creato grande allarmismo. In realtà, sappiamo che non è proprio così: se si legge bene, si vede che la stima reale di ingestione sta tra gli 0,1 e i 5 grammi di microplastiche alla settimana; quindi i 5 gr sono il limite superiore dell’intervallo, non la media. Tutt’altra faccenda, insomma.

Ora che abbiamo un dato di media, dobbiamo però sapere che è molto difficile comprendere davvero quante microplastiche ingeriamo. Ci sono tanti fattori che influiscono e che rendono davvero molto difficile una stima attendibile per la realtà italiana, ad esempio:

  • genere, età
  • peso e dimensioni corporee
  • località in cui si vive e le relative caratteristiche di popolazione
  • stile di vita e dieta seguita
  • quanto e come le microplastiche si diffondono in acqua e aria prima di arrivare al cibo
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Immagine di rawpixel.com su Freepik

Come fanno le microplastiche a entrare nel corpo umano?

Se vogliamo dare una risposta breve, attraverso gli alimenti, ma la risposta lunga è un po’ più complessa, perché le microplastiche ormai si trovano anche nei prodotti lavorati.

Facciamo un passo indietro: la plastica arriva nell’ambiente e poi nel nostro corpo dopo un lunghissimo periodo in cui degrada e rilascia particelle sempre più piccole, ma non si distrugge se non dopo un tempo lunghissimo, centinaia di anni.

Queste particelle minuscole sono le microplastiche, di dimensioni inferiori ai 5 millimetri, e le nanoplastiche, che misurano da 0,001 a 0,1 µm (ossia da 1 a 100 nanometri).

Già nel 2015 l’EFSA ci avvertiva che «si registrano elevate concentrazioni di microplastiche nei pesci, ma poiché sono presenti per lo più nello stomaco e nell'intestino, che di solito vengono eliminati, i consumatori non ne risultano esposti. Tuttavia, nel caso dei crostacei e dei molluschi bivalvi, come le ostriche e le cozze, il tratto digestivo viene consumato, per cui si ha una certa esposizione. Ne è stata riferita la presenza anche nel miele, nella birra e nel sale da tavola». Oggi sappiamo infatti che i prodotti ittici sembrano essere i più contaminati, ma microplastiche e nanoplastiche sono presenti anche nei prodotti lavorati (come alcune bibite) che non ci si aspetterebbe, anche perché sono commercializzati in contenitori di altri materiali.

Se pensiamo agli alimenti principali contaminati dalle microplastiche, quindi pesci ecc, sappiamo che la fonte dell’inquinamento è il mare, perché è qui che confluiscono tutte le plastiche disperse nei fiumi; per quanto riguarda gli altri prodotti, in molti ritengono che derivi dalle pellicole che li avvolgono e dalle confezioni. Qui, però, sta uno dei primi problemi che gli studiosi non hanno ancora risolto: se non attraverso la catena alimentare, come fanno le microplastiche a trovarsi all’interno di certi prodotti?

Qual è l’impatto delle microplastiche sulla salute?

Ed eccoci alla seconda problematica ancora non risolta, se non in maniera parziale: quali effetti hanno le microplastiche sulla nostra salute?

In teoria, la plastica è materiale che non interagisce con il nostro organismo perché inerte chimicamente, ma il diavolo in questo caso sta nella misura micro e nano delle particelle: sembra infatti che siano in grado di inserirsi nelle membrane delle cellule, rendendole più lasse, più disordinate e più suscettibili alle alte temperature.

I dettagli di come questo accada e perché, nonché quali sono le conseguenze, sono ancora tutti da indagare; in uno studio recente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è emerso proprio questo aspetto: facendo il punto sugli studi disponibili, ha sottolineando proprio la mancanza di dati sufficienti a trarre conclusioni.

In poche parole la situazione sembra decisamente grave, ma non sappiamo ancora quanto.